15 Febbraio 2022

Nel corso del Novecento le Crocerossine hanno portato il loro sostegno e la loro competenza. Che si trattasse di conflitti armati, emergenze sanitarie o umanitarie, disastri ambientali… loro sono sempre state in prima linea. Ancora oggi proseguono la loro missione in difesa della vita umana.

Il Corpo delle Infermiere Volontarie nasce il 9 febbraio 1908, anche se già nel 1906 era stato organizzato il primo corso di formazione voluto da Sita Meyer Camperio. La guerra italo-turca del 1911 viene considerata il primo intervento delle infermiere volontarie in un’operazione di guerra. Di lì a pochi anni, però, un altro tremendo conflitto reclamerà il massimo sforzo e sacrificio di tante donne.

La Prima Guerra Mondiale travolse l’Italia il 24 maggio 1915, quando il nostro Paese dichiarò guerra all’Impero tedesco, all’Impero austro-ungarico e all’Impero ottomano a fianco degli Alleati (Francia, Regno Unito, Impero russo, Impero giapponese e in un secondo momento anche gli Stati Uniti d’America).

Chi diventava infermiera volontaria all’inizio del Novecento?

All’inizio dello scorso secolo, le infermiere volontarie della Croce Rossa provenivano da famiglie agiate. Le opere di assistenzialismo durante la Prima Guerra Mondiale erano diffuse e spesso portate avanti da donne di estrazione soprattutto borghese o aristocratica: furono organizzati centri di incontro per la promozione di eventi e iniziative a sostegno della guerra (es. raccolta di denaro o materiali per aiutare le famiglie dei soldati), visite ai combattenti quando si trovavano nelle retrovie o in licenza…

Non sorprende, quindi, che anche le Crocerossine all’inizio provenissero da famiglie benestanti. Solo in un secondo momento si unirono al gruppo anche volontarie di estrazione borghese e poi di livello sociale più basso. Tutte, però, erano tenute a richiedere l’autorizzazione dei rispettivi padri o mariti (o più in generale, di un uomo di famiglia) per poter cominciare il proprio servizio.

Una volta lasciato alle spalle il focolare domestico, alle infermiere volontarie si apriva un mondo considerato fino a quel momento tipicamente maschile: quello della guerra. Venivano perfino affidati loro i gradi da ufficiale per dotarle di autorità (e anche a scopo di difesa) in un ambiente prettamente maschile.

Di cosa si occupavano le Crocerossine?

Con la loro divisa bianca, costituita da una lunga donna e un velo, svolgevano svariate mansioni.

Le principali attività riguardavano l’assistenza medica ai soldati feriti: le infermiere volontarie si occupavano dei bendaggi, assistevano i medici durante il lavoro, distribuivano le medicine ai pazienti, sostenevano chi stava per crollare e restavano vicino ai moribondi.

Di altrettanta importanza era il supporto morale che donavano: leggevano e scrivevano lettere a nome dei soldati analfabeti o impossibilitati a scrivere, distribuivano giornali, cercavano di infondere conforto.

Anche se sulla carta, il loro grado era equiparato a quello degli ufficiali, la loro preziosa opera era spesso ostacolata da pregiudizi e dalla convinzione che la guerra fosse appannaggio esclusivo degli uomini: agli occhi di qualcuno, una donna al fronte stonava quanto un un fucile in una nursery. C’era poi una questione legata al potenziale potere seduttivo delle infermiere: all’epoca i contatti fisici tra uomini e donne era limitato ed essere medicati da una donna poteva generare un certo imbarazzo nei combattenti. A mitigare questo presunto effetto “ammaliante” c’era la divisa delle Crocerossine, che nascondeva le forme e lasciava scoperto giusto il viso delle volontarie.

La Duchessa Elena d’Aosta

Nell’aprile del 1915, la Duchessa Elena d’Aosta divenne Ispettrice nazionale del Corpo delle
infermiere volontarie su richiesta della regina Elena. La Duchessa aveva già prestato servizio durante la guerra libica e, ben presto, individuò i principali punti di debolezza dell’Associazione.

Visitando gli ospedali lungo la linea del fronte si accorse della loro inadeguatezza. Insieme alle sue “sorelle” (appellativo coniato in quegli anni), riuscì a costituire il Corpo delle Infermiere volontarie e a gestire la difficile logistica in territorio di guerra. Soprannominata la Generalissima per il suo carattere forte e intraprendente, la Duchessa impose la presenza delle Crocerossine nell’ambito bellico, mostrando il loro valore e la loro professionalità: non erano delle semplici benefattrici, ma parte integrante del personale sanitario.

Si scontrò spesso con i generali per le condizioni antigieniche dei campi di battaglia e degli ospedali sul fronte di guerra. Sarebbe, forse, bastata un po’ più di attenzione, per evitare le epidemie di colera che decimavano le truppe al pari degli assalti e la diffusione di gravi infezioni.

In prima linea e nelle retrovie

Al termine del conflitto, il Corpo delle infermiere volontarie contava almeno 44 vittime accertate. Vittime durante le battaglie, a causa delle epidemie…anche le Crocerossine pagarono con la vita delle loro sorelle il loro impegno negli ospedali da campo, in trincea, sui treni e le navi adibite a ospedali. A memoria di queste perdite, al sacrario militare di Redipuglia (recentemente riaperto al pubblico) si trova la stele dell’unica donna del monumento.

“Crocerossina Margherita Parodi di anni 21 – Caduta di Guerra”
“A noi tra bende, fosti di carità ancella.”
Morte ti colse: resta con noi sorella”